Giovedì , 10 marzo 2016
La webserie “Addiction” è solo uno dei prodotti a tema LGBT vittima della morsa della censura in Cina.
Le nuove direttive dell’organo ufficiale di censura cinese non lasciano spazio a fraintendimenti: banditi da serie e webserie, violenza, relazioni extraconiugali, reincarnazioni, stregonerie e, manco a dirlo, l’omosessualità.
Negli ultimi mesi, in Cina, almeno tre programmazioni a tema LGBT, o con riferimenti LGBT, sono state cancellate in tronco.
Tra queste c’è anche Addiction, una webserie incentrata su un gruppo di teenager gay che frequentano la scuola superiore, un teen-drama che nel suo primo mese di vita, ha conquistato ben 10 milioni di click e che, a fine febbraio, ha visto inesorabilmente la sua messa al bando su tutte le piattaforme streaming del territorio cinese.
La repressione dei temi LGBT, volta a “correggere i comportamenti del popolo cinese”, è una misura data dalla crescente curiosità degli utenti cinesi, sempre più interessati a conoscere una realtà che cozza, per natura, con la forte tradizione culturale del loro Paese, basata appunto sul modello di famiglia esclusivamente eterosessuale. Una cultura da un lato piena di meravigliose tradizioni e di avanguardie che hanno reso la Cina una potenza, ma dall’altro una realtà che si ritrova spezzettata in realtà differenti e spesso bloccata in radici che non stanno al passo con i tempi, causando paradossi non indifferenti. E, la tematica dell’omosessualità, è proprio una di quelle radici che causano questi paradossi. Infatti, sebbene l’orientamento del governo sia quello di “non approvare, non disapprovare e non incoraggiare” le coppie dello stesso sesso, la pressione sociale risulta essere enorme e destinata, quindi, ad arginare in ogni modo la censura dell’omosessualità.
Come ha spiegato al Wall Street Journal l’attivista e femminista Li Maizi, “la repressione potrebbe infatti solo aumentare il desiderio degli spettatori di prodotti culturali a tema LGBT. Il mercato è vasto. Le autorità farebbero bene a tenerne conto, invece di mettere in atto leggi non scritte o di farsi scudo dietro i valori tradizionali”. Ed è proprio il mercato a rendere note le contraddizioni del modello cinese. L’esempio più palese è dato da Blued, un’applicazione per omosessuali creata nel 2012 da un ex poliziotto, che oggi vanta più di 60 dipendenti e 15.000.000 di utenti. Ma non finisce qui; lo scorso 11 gennaio 2016, Grindr, il più grande social network per gay al mondo, ha dichiarato di aver venduto il 60% delle sue quote alla Beijing Kunlun Tech Company, società cinese di videogame.
Secondo Forbes, il potenziale commerciale globale del mondo LGBT si aggira attorno ai tremila miliardi di dollari, di cui circa 300 miliardi solo per la Repubblica Popolare Cinese; si tratta quindi di un mercato di tutto rispetto, che i cinesi da un lato sembrano essere decisi a sfruttare fino in fondo, mentre dall’altro si ritrovano di fronte autorità che lo ostacolano. Si viene a creare così un atteggiamento di repressione che si scontra con una mentalità più aperta, interessata non solo a parlare e fruire di determinati contenuti e tematiche, ma anche a sfruttarle economicamente.
webserie “Go Princess Go” |
Il caso Addiction come detto in precedenza, non è un caso isolato; Go Princess Go, una commedia romantica webseriale da oltre 2 milioni di visualizzazioni, in cui il protagonista viaggia indietro nel tempo ritrovandosi a vivere nei panni di una principessa, è stata recentemente rimossa.
A settembre, è stato poi il turno di MamaRainbow, un documentario dedicato alla condizione dei giovani gay in Cina, misteriosamente scomparso dal web.
La censura, ovviamente, non riguarda solo il Web (mezzo teoricamente più libero degli altri media), ma anche la televisione; la stessa sorte toccata ai contenuti webseriali sopracitati, era stata riservata nel luglio 2015 anche al talk show televisivo U Can U Bibi, dopo che il suo presentatore, Kevin Tsai, aveva pianto in onda ricordando il proprio coming out.
La censura, ovviamente, non riguarda solo il Web (mezzo teoricamente più libero degli altri media), ma anche la televisione; la stessa sorte toccata ai contenuti webseriali sopracitati, era stata riservata nel luglio 2015 anche al talk show televisivo U Can U Bibi, dopo che il suo presentatore, Kevin Tsai, aveva pianto in onda ricordando il proprio coming out.
Non male per un Paese in cui l’omosessualità è stata cancellata dalla lista delle malattie mentali solo nel 2001 (e dove fino al 1997 era considerata un reato); forse 15 anni sono pochi, ma il paradosso tra l’acquisto di Grindr e la censura di programmi Web e Tv a tema LGBT, sono la prova lampante di un Paese in cui pubblico e mercato dell’intrattenimento vengono ignorati da un’autorità bloccata nel passato.
Che dire, di questi tempi in Cina la parola d’ordine sembra essere: “wangluo zhuquan” ovvero “sovranità sulla Rete”, ma la storia insegna che il progresso è impossibile da fermare… E forse, anche in Cina, per le tematiche LGBT, prima o poi la Rete diventerà sovrana di se stessa.
Che dire, di questi tempi in Cina la parola d’ordine sembra essere: “wangluo zhuquan” ovvero “sovranità sulla Rete”, ma la storia insegna che il progresso è impossibile da fermare… E forse, anche in Cina, per le tematiche LGBT, prima o poi la Rete diventerà sovrana di se stessa.
Se siete curiosi di vedere Addiction, è possibile trovarla su YouTube, che in Cina è nella lista dei siti bloccati (insieme a Whatsapp, Twitter, Facebook e Google!).
Qui sotto trovate il primo episodio, sottotitolato in inglese e spagnolo.