Ci siamo. Ci hanno consegnato una busta con un indizio e ora parte il live. Martina si sveglia, mentre noi siamo tutti qui a osservarla svegliarsi. Eccola lì, seduta in terra, priva di sensi. Apre gli occhi, spaesata…In diretta, live, su un enorme schermo della Sala 2 del MAXXI, che possiamo controllare anche dai nostri smartphone, su Facebook. E la mente mi regala un flashback, un miscuglio di sensazioni che, fino ad ora, avevo vissuto solo all’età di sei anni, a New York, quando mi avevano portata in un cinema in cui veniva simulato l’atterraggio impazzito di una navicella a Manhattan. Le sensazioni sono le stesse; guardo un schermo in cui accade qualcosa di reale e che dipende dalle mie azioni. Lì non dovevo investire i passanti. Qui, devo salvare Martina. Lì, era una simulazione. Qui è tutto vero. O quasi.
E noi, oggi, l’abbiamo più o meno salvata. Abbiamo commentato dandole supporto, cercando con lei una soluzione per aprire quella maledetta cassaforte, interpretando i riferimenti al paradiso dell’Eden che avevamo nella busta e che lei ha ritrovato anche nella cassaforte, rappresentati da “La cacciata dall’Eden” di Masaccio. Ci abbiamo provato, ma all’improvviso ha fatto irruzione un individuo mascherato che, apparentemente, ha ucciso Martina. Abbiamo fallito? I nostri comportamenti, i nostri suggerimenti non l’hanno salvata? No, ma lei è solo priva di sensi e, mentre l’individuo smascherato, una donna (interpretata da Elena Russo, nota attrice di fiction) ci rivela il motivo di quelle azioni, Martina la colpisce e riesce a uscire. “Martina, scappa!”, “corriiii!”, “Non perdere tempo, scappa!”, si legge nei commenti. Martina ringrazia e…Fine. È salva, è fuggita. E l’esperimento è riuscito. Le nostre interazioni avrebbero potuto farla fuggire prima dell’irruzione “della matta”, come è stata definita nei commenti, oppure avrebbero potuto farla morire… La storia avrebbe potuto avere risvolti differenti rispetto al “lieto fine” che abbiamo raggiunto e, questo aspetto, questa tensione costante, ha reso tutto ancora più coinvolgente. Provavamo davvero un senso di responsabilità nei confronti di quella ragazza che ci parlava in preda alla paura. Sì, era un’attrice (interpretata da: Ilaria Silvestri), che seguiva comunque un canovaccio, ma l’interpretazione live del momento, che un po’ rimanda al teatro e a quell’ improvvisazione che solo i veri attori sanno rendere non patetica, ci ha davvero coinvolti.
Per noi, quei 16 minuti, sono stati davvero coinvolgenti. I suggerimenti, i tentativi di interpretazione degli indizi e la sensazione di impotenza quando Martina viene aggredita, erano veri. A metà tra un videogame e una vera missione di soccorso, noi dovevamo collaborare e aiutarla. Saremmo anche potuti restare lì, fermi senza interagire e guardare cosa sarebbe accaduto in quei 16 minuti a Martina, ma non ce l’abbiamo fatta; avevamo l’opportunità di partecipare, di entrare a far parte di quei 16 minuti di narrazione e l’abbiamo fatto. Alcuni hanno indugiato, altri presi dal momento si sono lanciati subito in soccorso digitale di Martina. È stato veramente una figata. E, a esperienza conclusa, siamo divertiti e restiamo con uno spunto di riflessione non indifferente: che rapporto abbiamo con i social? Sì, uno degli obiettivi dell’esperimento di Riccardo Milanesi, era proprio questo; farci riflettere sulle relazioni che intrecciamo online, sui social, “dove l’etica che accompagna le dinamiche relazionali della vita reale, viene spesso distorta”, mi aveva detto Riccardo a luglio. Ebbene sì, ci relazioniamo diversamente online, sui social. Anche se, forse, in una situazione reale simile a quella vissuta con l’esperimento, ci troveremmo comunque a collaborare, ci sarebbero comunque dei leader e dei follower e cercheremo tutti un obiettivo comune. O forse no. Resta il fatto che oggi, 1 ottobre 2016, dalle ore 15, per 16 minuti, io, Chiara di World Wide Webserie, su Facebook mi sono unita ad amici e a perfetti estranei per aiutare una perfetta sconosciuta a fuggire da una stanza. Ed è stata una vera figata. Ci siamo sentiti tutti parte di qualcosa, uniti da un senso di squadra e di aggregazione che è sempre difficile creare in gruppi cosi numerosi, eterogenei, estranei e distanti. E Riccardo Milanesi ce l’ha fatta. Missione compiuta, Riccardo. Martina salvata ed esperimento riuscito. What’s next? Aspettiamo qualche altra figata e, per l’occasione, ti facciamo qualche domanda sull’esperimento:
Chiara Bressa,
@Chiara Bressa