Roma Web Fest : Intervista al Direttore Artistico Janet De Nardis

by | Oct 7, 2015 | Interviste

Mercoledì, 7 ottobre 2015

Intervista a Janet De Nardis, direttore artistico del Roma Web Fest, che ci racconta questa terza edizione appena conclusasi, tutte le diverse sfumature del festival e come la realtà webseriale sia in continua mutazione.

Si è appena conclusa la terza edizione del Roma Web Fest, festival dedicato alle webserie e ai fashion film, nato nel 2013 da un’idea del Direttore Artistico, Janet De Nardis.
Al MAXXI, il Museo nazionale delle arti del XXI secolo, risuona ormai lontano il vociare dei panel e delle tavole rotonde, così come sono già un ricordo le chiacchiere webseriali, le interviste delle webradio, le presentazioni, i pitch, gli incontri tra creativi. Un’altra edizione è passata, il museo ha ripreso da tempo la sua routine e quelle sale, che dieci giorni fa erano popolate dalle webserie, sono ora palcoscenico di altri eventi, di altre voci, di altri volti.
A distanza di qualche giorno, abbiamo intervistato il Direttore Artistico, per avere un riscontro dall’interno di questa terza edizione e per raccontare un po’ più nel profondo le sfumature del Roma Web Fest, che la stessa Janet De Nardis, in questa intervista, ci ha descritto come un evento «Illimitato, dirompente, creativo» e «più rivolto alle persone».

Siamo arrivati al terzo anno per il Roma Web Fest. Ci racconti com’è nato il tutto? Com’è nata l’idea, da chi e i primi piccoli passi che hanno portato a questo festival che oggi compie tre anni?
«I passi che mi hanno portata a ideare questo festival riguardano il percorso di vita che ho  avuto, che mi ha fatto capire quali siano le necessità del settore in questo momento in cui mancano i soldi, i fondi e si investe veramente poco nella cultura. Quando ho pensato a questo festival -e sto parlando di 4-5 anni fa- il nostro cinema era cristallizzato in dei meccanismi che non permettevano a giovani autori di affermarsi e di farsi conoscere, perché vedevamo sempre gli stessi attori, gli stessi registi, gli stessi autori, gli stessi gruppi e le stesse storie…Era un contesto in cui c’era la necessità di dare sfogo alla grande creatività italiana.
Io ero appassionata di webserie americane e ne avevo seguito dall’inizio il fenomeno. Un giorno al TIFF, Toronto international Film Festival, mi è capitato di assistere all’ incontro tra un produttore americano e degli autori canadesi, dove questi ultimi presentavano un loro prodotto cercando  chi finanziasse un film. Non lo facevano consegnando una sceneggiatura o un progetto cartaceo, ma mostrando una webserie che loro, da pochi mesi, avevano caricato su Internet».
È stato in quel momento che «ho pensato potesse essere un ottimo punto di partenza per tutti i creativi italiani che aspettavano la loro occasione e visto che questo fenomeno (delle webserie, n.d.a.) iniziava a sorgere anche in Italia […] ho pensato che si potesse creare una vetrina anche qui». Dopo essersi messa in contatto con gli organizzatori degli altri due festival allora esistenti, il LA Web Fest e il Marseille Web Fest, Janet De Nardis ha mandato loro il progetto, con qualche accortezza diversa: «Infatti, il RWF, a differenza di tutti gli altri web fest non è solo rivolto agli addetti al settore, ma agli appassionati di webserie; ci sono tanti momenti di incontro, vengono le scuole, è un vero festival… Quindi non è solo per il mercato. Inoltre, volevo che una sezione fosse dedicata alla moda; ho un trascorso nel settore del fashion internazionale e sapendo quanto è importante per noi (italiani, n.d.a.) quell’ambito, ho capito fosse la direzione giusta. Ho unito le due cose realizzando l’unico webfest dedicato ai principali prodotti webnativi di fiction: webserie e fashion film». 

Diverse volte ho letto una tua risposta sul fatto di fare rete con gli altri festival per garantire una vetrina internazionale. Ad oggi, come è questa realtà di rete internazionale e quanto quindi è importante che ci sia?  
«La realtà internazionale è importantissima affinchè i nostri creativi abbiano l’opportunità di varcare i confini dell’Italia e la rete con altri web fest permette di fare questo salto. Altri Paesi  investono nel creare relazioni oltreconfine, anche a livello istituzionale, ma visto che noi abbiamo qualche difficoltà, cerchiamo di farlo con le nostre forze. Ovviamente, ora che sono nati altri festival, non tutti hanno gli stessi obiettivi, non tutti rispettano gli stessi standard di qualità che cerchiamo al Roma web Fest, per tanti magari è un gioco… Si disperdono anche energie quando sullo stesso territorio nascono vari festival inerenti gli stessi argomenti. E questo non vale solo per le webserie, vale per tutte le realtà che si copiano… Ovvio è che, se ho una rete internazionale, privilegio il rapporto con il festival più importante di quel Paese, perché mi permette più connection. Anche in questo bisogna essere intelligenti e cercare di capire cosa dà più opportunità ai giovani, ai talenti che vogliamo promuovere. Quest’anno, a questo proposito, è stato nostro ospite il direttore del KWF, Young Man Kang, che ha nominato come Miglior Serie nel mondo Milano Underground ed è venuto qui in Italia anche per selezionare delle opere.

Quali sono i valori e l’anima del RWF?
«Anzitutto il valore della libertà espressiva», afferma il direttore artistico, sottolineando il fatto che tale libertà sia importante specialmente per l’Italia, in quanto «credo che gli italiani abbiano una grande capacità creativa e che non siano fatti per essere incasellati dentro degli schemi rigidi, perché altrimenti viene distrutto l’elemento più bello che ci caratterizza.
Credo che il web stia dando la possibilità ai giovani di sperimentarsi in generi che difficilmente vengono prodotti in Italia e, soprattutto in un momento complicato per la nostra politica, per tutto quello che riguarda il nostro futuro», il Web dà «anche l’opportunità di credere che si possano veramente cambiare le cose, che si possa fare cultura […]» prosegue Janet De Nardis.
Il Roma Web Fest dà spazio anche al desiderio di affermazione dei creativi, «soprattutto di affermazione  nei confronti del resto del mondo. L’Italiano, purtroppo, è parlato solo da noi, mentre chi parla inglese, francese, spagnolo, cinese, ha un pubblico molto più grande già in partenza. Il fatto che le webserie possano essere viste con facilità anche da appassionati stranieri, spinge i giovani a sperimentarsi anche in inglese, o a volte anche con prodotti che non hanno bisogno di parole. Infine, è volontà del festival cercare di promuovere l’istruzione, spingendo verso la selezione e produzione di contenuti di qualità»A tal proposito, «in collaborazione con la Sapienza, il RWF ha attivato un corso per “webserie e prodotti digitali” presso il DASS (lettere e filosofia)».

Come è cambiato e cresciuto rispetto al 2013 il RWF?
«È cambiato tantissimo. È cambiato tanto quanto è cambiata la percezione delle webserie da parte del pubblico e da parte degli addetti al settore. Quando noi abbiamo iniziato, pochi conoscevano le webserie. Parlo non solo di pubblico, ma proprio di addetti al settore, parlo di produzioni, delle stesse istituzioni… E oggi, invece, ormai quasi tutti sanno cosa sono le webserie, ne hanno sentito parlare, moltissimi sono appassionati e soprattutto è diventato un prodotto che finalmente è considerato “prodotto”. Non è più una realtà di serie B, che si pensava durasse un battito di ciglia. In questo momento in realtà si parla di futuro, di evoluzione e si discute di come guidare questa crescita. Ormai i francesi non parlano più di webserie, ma di serie digitali… Quindi diciamo che l’argomento si è totalmente spostato su un altro fronte: non più quanto durerà questa nuova mania dei giovani, oppure che cosa vogliono essere queste webserie, ma è diventato “come si evolverà sempre di più il prodotto webserie?”». E si discute anche su «come posizionarlo sul mercato dove oggi si inizia ad investire su questi prodotti. Vediamo sempre più webserie brandizzate, broadcaster che acquistano questo prodotto, grandi produzioni che fanno investimenti su webserie e, soprattutto, iniziamo pian piano a vedere persino delle idee di prodotti crossmediali e quindi la volontà dei produttori e dei broadcaster che decidono di investire, pensando sin dall’inizio che un’idea di storia non debba soltanto essere pensata per il cinema, o per la tv, o solo per il web, ma che possa essere pensata per dipanarsi su piani di sviluppo diversi».

Essendo mutato e cresciuto il fenomeno, il festival è cambiato e cresciuto di conseguenza perché «se il primo anno abbiamo dovuto combattere per cercare di far capire che esisteva questo mondo, il secondo anno abbiamo invece cercato di istituzionalizzarlo, collaborando con le regioni per le leggi regionali sull’audiovisivo, avviando un dialogo con il Mibact affinché il tax credit fosse aperto all’audiovisivo…
Quest’anno è stata importante la presenza, all’interno del festival, di aziende, di grandi realtà, che sono venute a conoscere i creativi per cercare di dirottare parte dei loro investimenti nelle webserie». 

Per quanto riguarda le webserie, come sono cambiate? Io credo siano cambiate tantissimo; sia loro di per sé, sia il modo con cui il pubblico e gli addetti ai lavori si approcciano alle webserie.
«Esatto. Sono cambiate veramente in un modo incredibile. Io collaboro con tante produzioni che vogliono essere guidate per poter fare investimenti sul web e la cosa bellissima è vedere produttori di grande calibro che si siedono davanti a giovanissimi sconosciuti per ascoltarli e capire quali idee hanno». 
Inoltre, tutti iniziano a capire  che «oggi parliamo di webserie e di serie televisive, ma domani si parlerà nuovamente solo di serie perché un giorno ci sarà un’unica grande piattaforma, non faremo più questa distinzione ma si parlerà semplicemente di differenze di formato».

Oltre all’approccio, secondo te, cos’altro è cambiato nelle webserie?
«È cambiata tanto la qualità dei prodotti, oggi molto più elevata. Ti dico una cosa positiva e una negativa: la qualità in positivo si è alzata molto e anche il Roma Web Fest è diventato più selettivo avendo molte più richieste di prodotti qualitativamente più interessanti e tecnicamente più validi. Dall’altra parte però, il cambiamento che ho notato -e che è un danno e spero non prosegua in tal senso- è il fatto che mentre all’inizio c’era più libertà espressiva e voglia di sfogo, oggi, con il fatto che c’è l’interesse da parte di produttori e broadcaster che comunque hanno la loro impostazione derivante da tanti anni di un certo tipo di cinema e televisione e richiedono soltanto commedie, purtroppo abbiamo quasi solo proposte di prodotti comedy. Giustamente, i giovani che investono i propri risparmi cercano di farlo dove più c’è possibilità di successo. In questo senso produttori e TV hanno una grande responsabilità sul futuro della creatività delle produzioni audiovisive». 

Saverio Raimondo
e il direttore artistico Janet De Nardis
al RWF 2015

Le tue impressioni su questa terza edizione appena terminata?

«Prima di tutto: la consacrazione del valore dei prodotti webnativi. È stato concreto e reale l’interesse da parte delle istituzioni con la presenza costante e attiva dei rappresentanti di Comuni, Regioni e Ministeri», racconta Janet, confermando l’impressione di un festival più maturo delle scorse edizioni, specchio riflettente della maturazione non solo del fenomeno, ma anche dell’approccio e dell’interesse ad esso. «Tuttavia», aggiunge, «mi sembra evidente l’appiattimento di genere, ed è necessaria una presa di coscienza da parte dei broadcaster.
Stiamo vivendo un ricambio generazionale che dovrebbe permettere un cambiamento e portare alla nascita di un mercato di webserie che riesca a reggersi e a strutturarsi con le proprie forze, senza perdere le proprie connotazioni e, soprattutto, senza fossilizzarsi. Siamo in un momento in cui il terreno è fertile, «c’è possibilità di fare, perché i creativi sono maturi e si può far maturare anche questa realtà». Abbiamo tanti prodotti intelligenti, «ed è incantevole vedere come i nuovi creativi possano esprimersi in una maniera diversa da quella del cinema». Ma, questo terreno fertile, è anche minacciato dalla paura che «la libertà dei creativi venga sottratta e usata a nome di chi nel cinema non ha saputo fare nulla di buono e oggi voglia farsi grande del nome dei “filmmaker”. È necessario creare realtà che portino i creativi a strutturarsi in nuove società (passare dal gioco al serio mestiere), e non essere fagocitati da quei produttori indipendenti che cercano di sfruttare la tendenza a promuovere i giovani della rete per creare bandi e fondi che possano essere usati a loro piacimento». 

Quali opportunità ha offerto il festival ai vari creativi?
«Il festival ha offerto anche quest’anno l’opportunità di incontrare produttori, broadcaster, addetti al settore e quindi non solo chi può produrre i creativi, ma anche coloro con cui possono collaborare, tanti altri creativi, soprattutto tecnici. Poi ha offerto tante opportunità di capire meglio il settore: abbiamo avuto tantissimi panel che hanno approfondito vari temi fondamentali per chi vuole investire in questo settore, abbiamo parlato con grandi piattaforme come  Youtube, ma anche di piattaforme alternative come VIDDD, che è stata presentata all’interno del festival; abbiamo parlato di tax credit aperto all’audiovisivo con Mario La Torre e altri tra i maggiori esperti che ci sono in Italia. Abbiamo dato l’opportunità di conoscere tante altre realtà e di vedere nuove tecnologie, per esempio è stata presentata la webserie Oculus, per realizzare serie in 3D». Inoltre durante il festival abbiamo cercato di capire «come le webserie possano essere e sono utilizzate non solo in Italia ma anche all’estero, per la promozione del territorio, oppure per parlare del sociale, per affrontare temi importanti anche da parte delle istituzioni. Abbiamo messo a disposizione esperti dei vari settori, come per esempio nel Legal Corner, dove un avvocato ha risposto alle domande dei creativi. Infine, abbiamo dato la possibilità di essere giudicati da persone che hanno peso ed expertise nel settore. Otre 40 finalisti sono arrivati al computer di una giuria di altissima qualità».  

In qualità di direttore artistico, cosa puoi dire per tutte quelle lamentele che ci sono state nelle ultime due edizioni? 
«Innanzi tutto chiariamo cosa si intende per lamentele. Le uniche mai arrivate al festival riguardano alcuni filmmaker che non sono stati selezionati tra i finalisti. Detto ciò, posso dire solo che i creativi in questione non leggono il bando. Nel senso che se c’è un bando che prevede che le categorie vengano assegnate dal festival, le categorie verranno assegnate dal festival. Noi assegniamo le categorie e lo facciamo perché riteniamo che i creatori, spesso, non prestino attenzione quando fanno l’iscrizione e […], tante volte gli stessi creatori o produttori, scelgono una categoria pensando a quella che gli potrebbe essere più congeniale per arrivare alla finale, quindi non rispettando quello che è il reale genere. Che piaccia o meno, questa è una regola, un bando, e quindi deve essere rispettato. Sinceramente io sono sempre stata felicissima dei risultati dei festival e credo che sia innegabile che le webserie che hanno vinto negli anni, siano state quelle di maggiore qualità e quindi sfido a trovare realtà in cui vengono selezionati così bene i vincitori».  

RWF 2015: La Buoncostume,
Young Man Kang (direttore artistico KWFest)
e Janet De Nardis (direttore artistico RWF)
Parlaci dei premi di quest’anno. 
«Quest’anno ci sono stati importanti premi, come la disponibilità di location e studi televisivi, 5.000 Euro messi in palio da Rai Fiction, 2.000 Euro da Mediacom, oppure i pacchetti di Audionetwork per lo sfruttamento musicale di una library per un anno, del valore di 3000 euro ciascuno ecc…. I premi sono stati tantissimi e, oltretutto, abbiamo cercato di avvicinare di più il concetto di arti del 21°secolo, ecco perché, anche quest’anno eravamo all’interno del MAXXI. Inoltre il festival ha contattato anche tanti artisti e gallerie importanti, che hanno consegnato dei premi in opere d’arte, quindi non solo delle statuette, ma delle opere che vanno a testimoniare il valore di quello che hanno fatto e che noi riteniamo sia importante».

Pronostici futuri sui webfest e sulle webserie? E sul prossimo RWF?
«Difficile farne:  è un mondo in evoluzione… Diciamo che l’unico pronostico che secondo me si può fare è che niente sarà uguale. Come si fa a prevedere il futuro?
Soprattutto in questo settore. Per il Roma web Fest prevedo tanti cambiamenti, molta più industria e un assetto organizzativo molto più strutturato. È stato molto faticoso per me e per i giovani della mia squadra lavorare al festival in un continuo investimento. Crediamo che ora sia importante che questa realtà diventi altro. Vorrei dedicarmi di più alla parte artistica e non rincorrere tanto quella organizzativa e manageriale che pure è nelle mie corde, ma toglie linfa a quello che conta di più: la cura del prodotto».

È vero, il futuro non può essere previsto, tanto meno per per una realtà in così continuo e rapido cambiamento come quella delle webserie. Alcune certezze però ci sono anche per il webseriale; le webserie stanno crescendo, e questo viene rispecchiato anche da festival come il Roma Web Fest, in cui il fenomeno viene analizzato in maniera più approfondita e matura. Inoltre, le webserie, vengono viste sempre meno come contenuti di serie B e sempre più come Prodotti, con la “P” maiuscola, pieni di potenziale creativo ed economico, laboratori di espressione di una nuova forma d’arte del ventunesimo secolo; la narrazione audiovisiva online.

È solo necessario evitare che questi laboratori di creatività vengano inglobati nelle tradizionali logiche dell’industria televisiva e cinematografica, è vitale che i creativi del web ottengano i finanziamenti, mantenendo però quella creatività genuina che li contraddistingue.


Chiara Bressa,
World Wide Webserie / About Me
@Chiara Bressa


con la collaborazione di
Cristiano Bolla,
World Wide Webserie
@CristianoBolla


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